venerdì 29 agosto 2008

Elezioni Americane - John assesta il colpo: Sarah Palin vice presidente!




Sarah Palin, governatrice prostestante (pro life) dell’Alaska, 44 anni (più giovane di Obama) e madre di cinque figli, è stata scelta da John McCain come vicepresidente per il Partito repubblicano nella corsa alla Casa Bianca.

Qui sotto il ritratto che le ha fatto Il Foglio il 24 aprile 2008:

Diventare mamma per la quinta volta, portare avanti la gravidanza nonostante quella frase pronunciata dai medici, “suo figlio ha la sindrome di Down”, che in America convince otto donne su dieci a scegliere l’aborto. E’ la storia di Sarah Palin, governatrice repubblicana dell’Alaska e moglie di Todd, di mestiere pescatore. Il lieto evento doveva capitare a metà maggio ma Trig Paxson Van, questo il nome del nuovo nato, ha deciso di venire al mondo qualche settimana prima. Così, alle sei e mezza del mattino di venerdì, ha visto l’alba dal Mat-Su Regional Medical Center di Wasilla. Peso alla nascita: due chili e settecento grammi. Tre giorni dopo la neomamma era già in ufficio a lavorare. La governatrice non prenderà il congedo maternità, porterà il piccolo con sé al lavoro e chiederà soltanto i giorni necessari per le visite pediatriche. Sarah sapeva da tempo che avrebbe avuto un bambino Down. Avrebbe potuto pensare all’aborto perché non è facile portare a termine una gravidanza così quando hai già quattro figli, le candeline sulla torta di compleanno sono 44 e John McCain, candidato repubblicano alla Casa Bianca, ti strizza l’occhio per una possibile vicepresidenza. Perché complicarsi la vita? Che non sia stata una scelta facile lo ha dichiarato lei stessa alla stampa martedì. La governatrice ha parlato con serenità. “Quando ce l’hanno detto per la prima volta – ha spiegato – Siamo rimasti confusi perché sono queste le notizie che richiedono impegno”.
Non ha nascosto di essersi sentita male all’inizio, ma è stato un attimo perché quando si è guardata attorno ha trovato la sua famiglia. Il marito, i quattro figli e una schiera di parenti che le sono stati accanto sin dall’inizio. Ecco il segreto della felicità spiegato dai coniugi Palin mentre fanno conoscere Trig al paese, papà Todd che lo tiene in braccio e mamma Sarah che sistema un cappelletto di lana sulla testa del bebè. “Trig è bellissimo e già lo adoriamo – ha detto – Abbiamo saputo dai test fatti durante la gravidanza che sarebbe stato un impegno speciale, ma siamo onorati che Dio ci abbia scelto facendoci questo regalo. Crediamo che ogni bambino venga al mondo per un buon motivo e ne siamo veramente orgogliosi”. Track, il figlio più grande, ha appreso la notizia della nascita dalla tv perché sta facendo il servizio militare in Georgia. “E’ fantastico – ha scritto alla mamma – Finalmente ho un fratello maschio”.
I tre nomi del nuovo nato hanno una storia speciale. Trig è una parola di origine vichinga che significa “verità” e “vittoria coraggiosa”. Paxson è una minuscola cittadina che Sarah e Todd definiscono “il posto più bello dell’Alaska”. Van è un omaggio a uno dei gruppi musicali più famosi degli anni Ottanta, i Van Halen, di cui Sarah era una grande fan. Non è l’unica stranezza della governatrice repubblicana. Ghiotta di hamburger alla carne di renna, ha ammesso di aver fumato in gioventù marijuana (anche se non le è piaciuta) e non ha mai fatto mistero di avere una passione per il mondo della moda. A gennaio Vogue ha pubblicato alcune foto di Sarah incinta di cinque mesi. Le copertine le piacciono da quando è ragazza: nel 1984, quando aveva vent’anni, è stata eletta Miss Wasilla e ha partecipato alle finali di Miss Alaska. Ma Sarah Palin è soprattutto un politico di razza e non è un caso che si parli di lei per un possibile ticket alla Casa Bianca con John McCain. I figli, grazie a un marito sempre presente, non sono mai stati un ostacolo alla sua carriera. Niente l’ha fermata, neppure la prima gravidanza, arrivata quando aveva 25 anni ed era fresca di laurea in giornalismo. Nel 2006, a 42 anni e già quattro volte mamma, ha preso la guida dell’Alaska diventando la più giovane governatrice nella storia degli Stati Uniti e la prima donna a ricoprire questa carica nello stato. Giovedì scorso, il giorno prima che Trig nascesse, Sarah era a Dallas per partecipare a una conferenza sull’energia che vedeva riuniti i governatori di sei stati a guida repubblicana. Ad accompagnarla c’era Todd. L’incontro procedeva senza problemi quando le si rompono in parte le acque. Sarah riesce a fare il suo intervento di trenta minuti, poi sale sul primo aereo diretto a Wasilla. Niente di speciale, dice lei, neanche il volo verso casa: l’Alaska Airlines è una delle uniche compagnie che non pone limiti per i viaggi alle donne in gravidanza.

lunedì 25 agosto 2008

Non si può biasimare gli atleti


L’avevamo scritto su questo blog: attendavamo un gesto che potesse interrompere quella perfezione quasi asfissiante dell’organizzazione olimpica cinese in nome di qualche cosa di più importante. In nome del rispetto dei diritti umani; della libertà d’espressione e quindi di professare liberamente la propria fede religiosa; in nome di un signore mite vestito di rosso che si chiama Dalai Lama; in nome del suo popolo e della sua cultura che rischia di svanire per sempre all’ombra del grigio cielo pechinese. Attendavamo che qualcosa (qualcuno) si muovesse non per una generale voglia di sensazionalismi ma perché pensavamo che si potesse, anzi si dovesse, sottolineare il fatto che l’universalità dei giochi olimpici, lo spirito di fraterna sportività che li muove, sia in profonda contraddizione con quanto detto sopra. Contro l’ipocrisia delle false virtù, in modo composto, ma fermo, qualcosa in più si poteva pure fare, convinti che gli atleti certo non potevano sopperire a universali esigenze etiche, quando i loro governi in primis, più o meno avidamente, non ci avevano badato.

Sembra che le autorità cinesi siano riuscite a gestire “al meglio” questa manifestazione, ed è già un passato molto remoto il giorno in cui il Dalai Lama (18 agosto scorso) accusava l’esercito cinese di aver sparato sulla folla nella regione di Kham, nell’est del Tibet. Niente si è più saputo. Le luci si sono spente ormai. Tutto passato. E le intimidazioni, gli arresti, gli abusi, le violenze nei confronti dei dissidenti, attivisti e religiosi? Tutto passato. Le leggi speciali per le Olimpiadi che imponevano «rieducazione attraverso il lavoro» a chi scambiava parole di troppo con gli stranieri? Passate anche quelle. Rivediamo le immagini commoventi delle vittorie, le medaglie d’oro e quei pazzi record ai limiti del possibile.

Liu Qi, presidente del comitato organizzatore, colui che aveva garantito completa libertà di informazione, ha ringraziato il Cio e ha poi dichiarato che «atleti di 204 Paesi hanno gareggiato dando il meglio di se stessi in un ambiente di sportività. Il mondo necessita ora di collaborazione e sviluppo armonioso. L’Olimpiade di Pechino ha testimoniato che il mondo ha riposto fiducia nella Cina».
E la risposta del presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), Jacques Rogge, è stata questa: «Sono stati giorni meravigliosi. Attraverso questi Giochi il mondo ha imparato qualcosa sulla Cina e la Cina ha imparato qualcosa sul mondo». No, non si può assolutamente biasimare gli atleti.