venerdì 15 gennaio 2010

Quando si dice non aver peli sulla lingua


L’Elefantino risponde "pacatamente" ad una lettera del senatore Lucio D'Ubaldo sulla candidatura di Emma Bonino

Al direttore - E' la curiosità a dominare i giudizi e gli interrogativi di molti elettori dopo che, con qualche titubanza, il centrosinistra ha individuato Emma Bonino come candidato alla presidenza della regione Lazio. Potrei dire, con civetteria, che avanzai questa proposta già ai primi di novembre. Sembrava una bizzarria, vista la mia ascendenza democristiana, ma alla resa dei conti può assumere oggi ben altro valore. Perché questa scelta? Intanto non è un assalto alla luna sull'ippogrifo del radicalismo. Abbiamo bisogno, più semplicemente di restituire dignità alla politica e alle istituzioni: ancora pesa l'epilogo della legislatura regionale. C'è attesa di una novità. E chi ha fatto bene il Commissario europeo e il ministro della Repubblica, sempre esibendo rigore e competenza, suscita immediatamente quel tanto di simpatia che serve.
Se la destra investe sul "populismo in tailleur" della Polverini, dall'altro lato emerge un'intenzione forte di buongoverno e sviluppo sostenibile. Nel cuore di una borghesia diffusa, fatta più di popolo che di privilegiati, preme una domanda di novità ragionata e costruttiva. Emma Bonino può incarnare questa speranza, chiamando a raccolta tutti coloro che vogliono rompere gli involucri di vecchie formule. Come direbbero gli eredi di Luigi Sturzo? Faccia appello ai "liberi e forti".

Lucio D`Ubaldo, senatore e membro della Direzione nazionale del Pd.

La risposta dell'Elefantino (Giuliano Ferrara):
Sono contento di questa lettera, e del suo carattere burocratico e melenso, encomiastico e pomposo. Mi consente di precisare una pacata opinione. Detesto Emma Bonino, spero che perda le elezioni. E' una intollerante, un'abortista sfegatata e una militante del torto negatore travestita da libertaria, una innamorata di sé dall'insopportabile accento vittimista, una cercatrice di cariche meticolosa e fatua, la complice non candida, ma molto candidata, del peggior Pannella, una pallona gonfiata come poche, un ufficio stampa ambulante, un disastro di donna en colère e di personalità pubblica.
Aggiungo che un partito il quale accetta di candidare una simile prepotente dopo essersi sentito dire sprezzantemente: "Io corro, se venite anche voi, bene, sennò ciccia", è un partito di dementi. Chiaro? (da Il Foglio del 14 gennaio 2010)

Semplicemente strepitoso. L'adoro.

mercoledì 6 gennaio 2010

Lord of War



Barack Hussein Obama, il presidente più glamour del mondo, premiato con il Nobel per la pace, difende ogni giorno – e non solo a parole – il concetto di guerra giusta e necessaria. Qualcuno l’ha puntualmente definito un presidente di guerra. Eppure è lo stesso presidente nero che soltanto un anno fa veniva osannato da buona parte della sinistra europea, soprattutto quella più salottiera e perbenista, quella che si strappava i capelli al solo udire il nome George W. Bush; e bene, quello stesso presidente nero che veniva venerato come icona del nuovo mondo, sta combattendo dal primo giorno di presidenza il terrorismo internazionale a suon di missili e raid aerei (vedi Afghanistan, Pakistan e adesso lo Yemen). Lo stesso presidente nero, tanto amato dagli sbandieratori della Pace, sta poi riflettendo proprio in questi giorni sul futuro dell’Iran degli Ayatollah. Quello che è certo è che il tempo delle chiacchiere è definitivamente scaduto. Se il regime iraniano non intende cambiare registro, allora toccherà cambiare il regime iraniano. Perché l’azione militare non può essere scartata a priori se si vuole garantire la sicurezza dei propri cittadini. Perché i grandi discorsi, per quanto belli ed emozionanti, pare non abbiano convertito i cuori dei leader iraniani. E perché, come la storia insegna, per portare pace spesso è indispensabile la guerra. Con una lettera al Congresso, Obama-premio-Nobel-per-la-pace ha inoltre chiarito i suoi poteri di guerra: “In risposta alle minacce dei terroristi, prenderò ulteriori misure dirette, quando saranno necessarie, nell’esercizio del diritto di autodifesa degli Stati Uniti e per proteggere i cittadini e gli interessi degli Stati Uniti. Queste misure potrebbero includere lo spiegamento senza preavviso di forze speciali e di altre forze per missioni di massima importanza in posti diversi in tutto il mondo. Non è possibile conoscere già adesso con precisione lo scopo preciso e la durata del dispiegamento delle forze armate americane per contrastare la minaccia dei terroristi agli Stati Uniti”. Insomma, Obama si riserva il diritto di agire unilateralmente, quando e come desidera, per difendere gli interessi del popolo americano. Proprio non vi ricorda niente?